Assegno di divorzio. La Cassazione dice addio al “tenore di vita”
Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10/05/2017 n° 11504
La Cassazione Civile prima sezione civile, con la sentenza n. 11504 depositata il 10 maggio 2017, muta il proprio orientamento in materia di assegno divorzile, ancorando il diritto al mantenimento nel divorzio al presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole.
La Suprema Corte, infatti, non ritiene più attuale nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio, stabilendo espressamente che “Il giudice del divorzio, in relazione alla statuizione sull’assegno di mantenimento, dovrà informarsi al “principio di autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi, riferendosi soltanto alla loro indipendenza o autosufficienza economica. L’esclusivo parametro per il giudizio d’inadeguatezza dei redditi o dell’impossibilità oggettiva di procurarseli è quello dell’indipendenza economica del richiedente. L’autosufficienza può essere desunta dal possesso di redditi di qualsiasi specie, di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, della disponibilità di una casa di abitazione e della capacità e possibilità effettive di lavoro personale.”
Il diritto all’assegno di divorzio è riconosciuto ai sensi dell’art. 5, Legge 898/70, in seguito all’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge economicamente più debole per far fronte alle proprie esigenze. La ragione dell’esistenza dell’assegno divorzile, infatti, risiede nell’inderogabile dovere di solidarietà economica post coniugale.
Il presupposto dell’attribuzione è dunque la mancanza di adeguati mezzi economici da parte dell’altro coniuge o la difficoltà di procurarseli per ragioni oggettive.
Precedentemente la sentenza n. 2546 del 5 febbraio 2014 della stessa Corte la Cassazione aveva precisato che l’accertamento del diritto all’assegno di divorzio si articola in due fasi:
- Nella prima fase il giudice verifica l’esistenza del diritto all’assegno in astratto, con riferimento all’inadeguatezza dei mezzi o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, ponendoli in raffronto con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, per poi determinare in astratto ilquantum delle somme necessarie per superare l’inadeguatezza di detti mezzi;
- Nella seconda fase, il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell’assegno in base alla valutazione equilibrata e bilaterale dei criteri indicati nell’ 5 L. 898/70,potendo sia contenere e diminuire la somma considerata in astratto, che in ipotesi estreme anche azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio sia incompatibile con gli elementi di quantificazione.
Fino alla recente sentenza, che segna una svolta epocale all’istituto, per la giurisprudenza costante il parametro al quale rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi economici del richiedente l’assegno, era il tenore di vita analogo a quello avuto durante il matrimonio.
Da oggi invece, esiste un nuovo parametro per il giudizio d’inadeguatezza dei redditi/impossibilità oggettiva di procurarseli , quello dell’indipendenza economica del richiedente. Il giudice dovrà informarsi al “principio di autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi, riferendosi soltanto all’indipendenza o autosufficienza economica.
Nella sentenza, la Suprema Corte elenca in maniera specifica gli indici dai quali desumere l’autosufficienza:
- il possesso di redditi di qualsiasi specie-
- il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari
- la capacità e possibilità effettive di lavoro personale
- la disponibilità di una casa di abitazione
L’onere della prova della mancanza degli adeguati mezzi o dei motivi oggettivi per poterseli procurare, graverà sulla parte richiedente l’assegno, che dovrà dimostrare la circostanza con “tempestive, rituali e pertinenti” allegazioni e deduzioni.